Ho visto un dibattito televisivo, recentemente. Ne guardo molti a dir la verità, anche se facendolo provo sempre quella sgradevole sensazione di “impotenza”, tipica quando ti trovi di fronte a una discussione in cui non puoi fisicamente intervenire nonostante tu abbia opinioni ben definite circa l’argomento del dibattito.
Mi succede sempre. Sto lì, ascolto con attenzione i vari interventi, con alcuni di loro sono maggiormente d’accordo, con altri meno, e progressivamente “avanzo” sul divano come se fossi in procinto di dire la mia. Vorrei farlo, davvero.
Ma sono soltanto davanti alla tv, mezzo meraviglioso certo, che tuttavia non lascia spazio all’interazione.
Nel caso specifico, all’interno del dibattito in questione si parlava dell’emergenza rifiuti, che ciclicamente ricade soprattutto sulle grandi città italiane.
È un problema molto sentito, soprattutto perché molto attuale e, in previsione di un costante sviluppo demografico, piuttosto urgente.
Nel salotto tv i vari esponenti dei partiti, dei movimenti di protesta, degli enti sociali etc davano la loro opinione e le possibili soluzioni. Qualcuno era più ottimista, qualcun altro meno.
Tutto nella norma.
La cosa che però mi ha lasciato davvero stupito, quella cioè che – se avessi potuto – mi avrebbe spinto a dire la mia, è che NESSUNO dei presenti aveva reso palese un problema che ai miei occhi è piuttosto evidente: noi siamo la prima causa dei nostri rifiuti.
Noi. Non la carenza dei servizi di raccolta, non l’assenza di strutture idonee per lo smaltimento. Noi.
All’atto pratico sono quelle le precarietà da sistemare, certo. Ma ragionando a monte la matrice della produzione di scarti sono gli abitanti. Sempre. In ogni luogo.
Non è una colpa in senso stretto, ci mancherebbe. È un fattore naturale: esistiamo, acquistiamo, consumiamo e scartiamo ciò che avanza.
Il problema è che viviamo in un mondo culturalmente impreparato di fronte all’enorme vastità dell’offerta commerciale, e questo porta a consumare, e sprecare, molto più di quanto siamo in grado di sostenere.
Nessuno dice infatti che, faccio per dire a puro beneficio di esempio, una produzione di due o tre sacchi di immondizia quotidiani per famiglia è veramente un dato eccessivo, fuori dalla logica stessa di consumo.
Eppure è realtà, lo sappiamo bene. Lo so io che vivo nella società come te, e lo sai tu che alla sera vai a buttare la spazzatura probabilmente chiedendoti “Ma come abbiamo fatto a produrre tutta questa immondizia oggi?”
In realtà una ragione, per quanto incredibile, esiste eccome. Viviamo in un’epoca caratterizzata dall’offerta alimentare più vasta di sempre, alla quale si aggiunge una rete di comunicazione efficace e capillare.
Tradotto: qualsiasi prodotto, di qualsiasi categoria alimentare, gode di decine di varianti tutte ampiamente pubblicizzate e, di fatto, tutte valutabili per l’acquisto agli occhi del consumatore medio.
Questo ti porta a comprare più di quanto realmente necessiti, pur ritenendo sempre di fare una spesa adeguata e proporzionata al fabbisogno della tua famiglia.
Quindi il problema della spazzatura è semplicemente un discorso di “eccesso di acquisto”?
Certo che no, non solo. Esistono in realtà tutta una serie di abitudini culturali in cucina, ereditate dalla tradizione o erroneamente acquisite da fonti “inesperte”, che producono come logica conseguenza un sistema di conservazione del cibo errata e spesso controproducente.
Il risultato? Buttiamo molto più di quanto siamo in grado di consumare e conservare.
La somma di questi fattori è determinante e rappresenta la causa PRIMA di qualsiasi emergenza rifiuti.
Il Salvagente si occupa di consumatori, lo sai bene, e quindi il CONSUMO è un aspetto della società perennemente sotto l’occhio del nostro microscopio. Quando la mia redazione ha realizzato la guida “Come ridurre lo spreco di cibo” ho pensato che quella sarebbe stata la SINTESI di tantissimi approfondimenti realizzati in precedenza.
Una piccola enciclopedia insostituibile a beneficio dei lettori, in grado di individuare i motivi PRECISI dello spreco casalingo in cucina e suggerire le piccole azioni per evitarlo.
Non voglio anticiparti nulla, ma all’interno di “Come ridurre lo spreco di cibo” c’è un’ampia analisi dei costi economici che, credimi, non ti piacerà affatto. Sprecare non è soltanto un problema ecologico, ma anche un problema economico di carattere familiare.
Quando leggerai l’ammontare in euro PRECISO del cibo che annualmente sprechi, che getti poiché mal conservato o per eccesso di acquisto, ti verrà voglia di piangere.
La guida sullo spreco di cibo è uno dei pochi strumenti che puoi avere nelle tue mani per regolare il termometro della tua spesa, ottimizzare gli acquisti e – grazie ai consigli contenuti – migliorare sensibilmente la qualità del cibo che porti in tavola ogni giorno.